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Casi di malasanità: Le strade per il risarcimento

Numerosi sono in Italia i casi di malasanità e di responsabilità delle strutture sanitarie che si concludono dopo un iter giudiziario spesso lungo e che vedono riconosciuto ai parenti il giusto e adeguato risarcimento per la perdita di un congiunto. A volte però, anche dopo la condanna, per ottenere l’effettivo risarcimento sono necessarie ulteriori battaglie legali, perché le strutture tardano a risarcire le vittime o i parenti, costringendoli ad ulteriori azioni esecutive.


E’ il caso dell’ Ulss 4 Alto Vicentino condannata, nel 2016 dal Tribunale di Verona, a risarcire la famiglia di un paziente deceduto per oltre un milione di euro. Non essendo stato onorato tempestivamente l’obbligo imposto dalla sentenza, i parenti si sono visti oggi costretti a pignorare i conti correnti intestati all’azienda ospedaliera.
La vicenda è quella di un 55enne di Schio (Vicenza) deceduto all’ ospedale locale nell’ agosto 2011, in seguito ad un intervento programmato per l’asportazione della tiroide resosi necessario per la formazione di un gozzo.
La moglie e i figli della vittima, decisi ad indagare sulle ragioni del decesso del loro congiunto, sono giunti a sottoporre il caso al giudizio della magistratura del Tribunale civile di Verona, che già nel settembre 2016 aveva condannato in primo grado l’azienda ospedaliera al risarcimento dei danni subiti dai familiari quantificandoli in una somma superiore al milione di euro. La perizia medico legale, eseguita dal consulente incaricato dal Tribunale, ha ricondotto il decesso del paziente ad una inadeguata assistenza post intervento, individuando una responsabilità in capo ai sanitari dell’ospedale di Schio. Il decesso post-intervento, fu causato dunque dalla mancata assistenza che aveva portato i sanitari a non accorgersi tempestivamente del mancato funzionamento dei drenaggi, in seguito al quale si verificarono nel paziente difficoltà respiratorie gravi , tali da determinarne la morte per asfissia e arresto cardiaco.

In Sicilia, nel marzo 2016,  il TAR è intervenuto per consentire l’esecuzione della precedente  sentenza del tribunale che aveva riconosciuto la responsabilità dell’ospedale per il decesso di  un uomo nel dicembre 2008 a causa di una trasfusione di sangue infetto eseguita in provincia di Enna nel 1983, in seguito alla quale l’uomo aveva contratto il virus dell’epatite C, evolutosi poi in cirrosi epatica che ne ha causato la morte. L’ospedale non aveva infatti provveduto a corrispondere il risarcimento dovuto dopo la sentenza di condanna del giudice, costringendo i legali della famiglia dell’uomo al giudizio di ottemperanza presso il giudice amministrativo con la nomina di un commissario ad acta

Nell’ottobre 2015 il Tribunale di Napoli ha condannato l’Ospedale Cardarelli a risarcire, con la cifra di un milione di euro, la moglie e i due figli di un ex vigile urbano sessantunenne di Afragola, morto poco dopo un normale intervento di colecistectomia. 
Dopo la battaglia giudiziaria della famiglia, durata 9 anni, il giudice ha riconosciuto la legittimità delle istanze dei parenti della vittima e ha stabilito per ciascuno di loro, la moglie e i due figli, un risarcimento di 279 mila euro.

Il magistrato ha anche tenuto in considerazione il danno biologico del paziente, stimando in 5.500 euro la somma da assegnare alla famiglia per ciascuno dei diciotto giorni di degenza della vittima. A questi si sono aggiunti i 30 mila euro delle spese processuali.  

Più rapida la soluzione della vicenda del neonato morto nel Giugno 2014 dopo quattro giorni di agonia all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Durante il travaglio, venne attivata una procedura per indurre la paziente ad anticipare la nascita del bambino. Successivamente, durante il parto, fu utilizzata ripetutamente la ventosa, con esisti che portarono alla morte del bambino. L’episodio non venne denunciato dall’ospedale, ma dai genitori del piccolo alcuni giorni dopo l’accaduto. In questo caso, dopo l’inchiesta penale e le richieste formulate dal pm, arrivò l’accordo con i familiari che vennero quindi direttamente risarciti dalla regione e dall’ospedale per circa 1 milione di euro.

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